Episode Transcript
[00:00:03] Speaker A: Benvenuti a Surf in Plastic Per un.
[00:00:09] Speaker B: Mondo più pulito surfando con Inrock Benvenuti a un'altra puntata di Surf in Plastic. Io sono Davide.
[00:00:23] Speaker A: E io sono Matt.
[00:00:24] Speaker B: Oggi abbiamo con noi il piacere di avere l'architetto Giovanni Carli come ospite, dottore di ricerca e professore a contratto in progettazione architettonica e urbana presso l'Università di Genova, di Ferrara e l'Università Uof di Venezia. Ciao Giovanni.
[00:00:39] Speaker C: Ciao a tutti, buongiorno e grazie dell'invito.
[00:00:42] Speaker B: Grazie a te. Raccontaci innanzitutto di cosa ti occupi, di cosa ti sei occupato nei tuoi lavori di ricerca.
[00:00:48] Speaker C: Mi sono occupato di varie cose, ho iniziato il mio percorso di formazione approfondendo il rapporto tra architettura ed editoria, i legami che intercorrono tra le architetture di carta, per cui le riviste del settore, sia italiane che internazionali, e come il progetto diventi anche occasione di uno storytelling per approfondire quello che ci sta dietro alla costruzione. Poi nell'ultimo periodo invece ho approfondito i temi della sostenibilità, una sostenibilità che però non è strettamente tecnico-scientifica. Abbiamo declinato con l'unità di ricerca dell'Università di Venezia come si può intendere la sostenibilità anche dal punto di vista umanistico.
[00:01:32] Speaker A: Raccontaci un po' secondo te cosa significa essere sostenibili, cos'è la sostenibilità anche da un punto di vista dell'architettura in generale.
[00:01:41] Speaker C: Io sono un teorico per cui ho sempre lavorato in un campo di ricerca che è quello della teoria dell'architettura, quindi non sono un tecnico, non ho la pretesa di essere un tecnico. Sostenibilità è un termine che negli ultimi due decenni è molto ridondante, tutti parlano di sostenibilità, tutti parlano di eco green, tutti parlano di ecologia e di risparmio energetico e bla bla bla. Sostenibilità, se noi andiamo a cercare il suo significato originale, deriva dal verbo latino sostenere. Sostenere veniva utilizzato anche nell'epoca romana per indicare la resistenza all'attacco del nemico, per cui essere sostenibili vuol dire resistere. L'architettura diventa sostenibile quando ovviamente resiste nel tempo e soprattutto resiste al tempo, per cui è un'architettura che deve essere aggiornata costantemente. Questa è la mia idea di sostenibilità.
[00:02:34] Speaker B: E nel contemporaneo, nel 2024, secondo te che tipo di sostenibilità abbiamo bisogno?
[00:02:41] Speaker C: La sostenibilità secondo me funziona quando nella società c'è consapevolezza è molto difficile riuscire a parlare di sostenibilità se non si è consapevoli anche delle sue effettive conseguenze secondo me c'è anche un discorso geografico da fare nei paesi nordici la sostenibilità è già parte forse dell'educazione degli ragazzi per cui fin già da bambini magari nei paesi più a nord c'è già una sensibilità maggiore rispetto all'ambiente, all'ecologia. Il bacino mediterraneo sicuramente ha più difficoltà, più resistenze, forse diventa sostenibile ma anche diventa molto resistente ai cambiamenti. Nel contemporaneo io penso che l'essere sostenibile è appunto una posizione di poter fare anche poco. Ognuno può contribuire con il proprio piccolo gesto, con le proprie gestualità, con le proprie azioni. Quello che manca secondo me in generale, ma a livello globale, è effettivamente un'azione comune. Ci sono più azioni puntiformi che disegnano una mappa un po' scomposta, ma c'è ancora molto da fare. perché se pensiamo anche ai paesi più in via di sviluppo, l'India o ai paesi anche del Sud America che spingono a raggiungere il livello dell'Occidente però chiaramente per arrivare a quel livello bisogna consumare molta energia ma se vogliamo parlare di sostenibilità continuiamo a girare in un vortice che non trova soluzione.
[00:03:58] Speaker B: Sì c'è un po' questo gioco che i paesi in via di sviluppo dicono, beh i paesi più industrializzati voi avete consumato appena adesso e adesso diciamo noi di non consumare.
[00:04:09] Speaker C: Sono stato in india più o meno l'anno scorso in realtà a metropolitane come Delhi, Mumbai o Calcutta l'aria è irrespirabile e tutti si muovono con i tuk tuk che vanno ancora con la benzina piombo e ho letto anche l'altro giorno che Delhi ha raggiunto i livelli più alti di inquinamento ma educare un miliardo e mezzo di persone a non utilizzare determinati mezzi, a comportarsi in maniera ecologicamente corretta o sostenibile è veramente complicato.
[00:04:41] Speaker A: Molto interessante sì questa differenza diciamo tra paesi che si sono già sviluppati e paesi emergenti, ma secondo te c'è la possibilità di unire nell'architettura moderna gli svolti sociali ma anche la sostenibilità e la riduzione dell'impatto ambientale quindi?
[00:04:57] Speaker C: Decisamente, appunto, la mia ultima ricerca che ho sviluppato insieme ai colleghi dell'Università di Oro di Venezia ha come titolo Unplanner Architettura Minima Sostenibilità Massima. Il focus si è occupato principalmente dello spazio pubblico e abbiamo avuto anche l'occasione di dialogare con una serie di giovani studi di progettazione italiani che hanno o stanno affrontando questi temi, per cui chiaramente lo spazio pubblico, lo spazio aperto non ha bisogno di volumetria, è chiaramente il disegno di uno spazio che è libero dai confini, quindi progettare una piazza, progettare un parco, progettare degli eventi che si svolgono nella città o nel paesaggio, nello spazio aperto, ovviamente va a ridurre la quantità di materia rispetto a progettare un edificio o un padiglione o qualcosa di tridimensionale, di solido. Questo è un aspetto molto interessante, lo spazio aperto è di fatti lo spazio comune, lo spazio più democratico che c'è. Il poter fare poco con tanto è la sfida che noi poi abbiamo posto anche agli studi, a cui abbiamo chiesto progetti che hanno potuto sperimentare questa riduzione dei materiali, però con un alto impatto sociale e un grande impatto di partecipazione della comunità e dei cittadini a partecipare non solo agli eventi e alle azioni che si possono svolgere in questi luoghi ma anche alla progettazione per cui citando già Carlo De Carlo, grande maestro dell'architettura e della partecipazione, si può parlare di sostenibilità nel contemporaneo anche quando il progettista, il committente coinvolge direttamente l'utenza che posterà quello spazio. Chiaramente lo spazio pubblico, come dicevo prima, è più facile perché abbiamo insomma più coinvolgimenti diretti, sull'edificio singolo privato chiaramente diventa più complicato, però ecco nello spazio comune questa opportunità c'è e c'è stata, non ne parliamo solo oggi, ma qualcun altro già negli anni 60-70 l'aveva già sperimentato, ce lo stiamo dimenticando.
[00:06:52] Speaker B: Nella ricerca di cui parlavi, nel lavoro che avete fatto, parlate soprattutto di architetture italiane o sviluppate anche ricerche su quello che succede al di fuori del nostro paese?
[00:07:02] Speaker C: Dunque, Unplanner è il risultato di un bando che era stato presentato dal Ministero della Cultura italiano. Noi abbiamo partecipato, siamo risultati vincitori. il desiderio del Ministero era quello di produrre un libro che poi appunto è stato pubblicato con Mimesis International in italiano e in inglese che promuovesse l'architettura italiana per cui per bando ci siamo dovuti a tenere a selezionare per il quasi 90% studi italiani molti sono giovani, poi ci sono anche grandi nomi come Boeri, Cucinella e altri però principalmente abbiamo scelto studi che promuovono molto questa attenzione allo spazio pubblico e allo spazio aperto Abbiamo avuto anche l'occasione di inserire tre studi italiani che però lavorano all'estero. Studio Sidiana per un progetto a Istanbul, che era un giardino realizzato su una piattaforma galleggiante, Piovene Fabi con un progetto realizzato a Logrogno in Spagna e Quel Malvezzi, che è uno studio italo-teresco con base a Berlino e Milano che hanno poi realizzato una sorta di scalinata temporanea appoggiata al teatro dell'opera di Braunschweig in Germania. però ecco il paesaggio che il libro descrive è più un paesaggio italiano quindi abbiamo cercato di attraversare tutta la penisola da nord a sud quindi dalle Alpi fino alla Sicilia e devo dire che comunque abbiamo avuto un ottimo riscontro quindi sia al nord che al sud che al centro ci sono realtà anche di provincia che questa è una cosa anche molto interessante per cui non sempre nelle grandi città succedono le cose per cui non per forza è Milano, non per forza è Roma, non per forza è Napoli ma magari ci sono anche realtà molto più interessanti in provincia di Sassari, in provincia di Urbino, nella provincia Emiliana, dove in effetti ci sono delle architetture molto interessanti, in cui la partecipazione e il senso di comunità in provincia è chiaramente più sviluppato nella metropoli, per cui nella metropoli c'è decisamente più individualismo e abbiamo potuto riconoscere questa qualità della provincia, anche dal punto di vista progettuale.
[00:09:00] Speaker B: Prima di scener poi nel dettaglio di alcuni progetti italiani secondo te noi in italia come siamo messi da questo punto di vista rispetto ora prima citavi ai paesi nordici ma in generale in europa.
[00:09:12] Speaker C: E nel mondo Non siamo messi benissimo. Penso che, appunto come dicevo prima, c'è un problema di formazione. Nei paesi del nord, adesso ero in Olanda pochi giorni fa, è lì la progettazione, per esempio, delle piste ciclabili. Non sono piste ciclabili costruite tra un marciapiede e un pezzo di strada e poi spariscono al primo semaforo e poi ricompaiono a due chilometri più in là. No, seguono perissequamente il traffico automobilistico e disegnano la città. E non c'è interruzione, per cui c'è un continuo, c'è un'ibridazione tra pedone, ciclista e veicolo. Da noi questo è molto, molto complicato da realizzare. Siamo indietro, ma forse nelle realtà più piccole c'è più attenzione, quindi forse le comunità minori, che forse sono anche più sentimentalmente legate al paesaggio, hanno anche bisogno di preservarlo, hanno desiderio di preservarlo. Per cui forse parte proprio da queste realtà minore sta partendo, credo, una sorta di nuova consapevolezza, ecco, penso che si è più consapevoli in quelle realtà che magari appunto a Milano, a Genova, a Bologna o nel contesto più metropolitano.
[00:10:23] Speaker B: Ma secondo te, al di là del discorso dell'istruzione e della comunicazione che si fa, potrebbe questo avere motivazione nel fatto che noi siamo un paese che ha radici molto antiche e quindi è più difficile magari modificare determinate organizzazioni urbanistiche rispetto ad altre città più contemporanee?
[00:10:44] Speaker C: Ma allora secondo me la questione principale che c'è nel nostro paese come un po' nei paesi latini mediterranei è che lo spazio aperto, il paesaggio, il vivere effettivamente ha un contatto con l'aria per cui lo stare fuori ha un retaggio, non voglio dire negativo, ma ecco non così positivo. Se noi pensiamo fino, secondo me fino a vent'anni fa, prendiamo un caso Milano, prendiamo la città più europea, più metropolitana che abbiamo, chi va al parco a Milano? Chi va al parco a Ostempione? Non ci va nessuno e il parco per noi è sempre stato un il posto in cui magari ci sono condizioni di disagio, ci sono magari delle condizioni che non portano all'essere sereni. Mentre, per esempio, a Londra o New York vado a fare una passeggiata a Central Park, vado ai park, ci sono less driving, prendo il sole, faccio il picnic. per cui il nostro modo di vivere lo spazio pubblico e lo spazio aperto è sempre un po' legato a un'idea di selva oscura nonostante siamo un paese mediterraneo con un clima gradevole mentre nei paesi del nord nonostante il clima più rigido però l'esperienza e la voglia di stare fuori è molto più sentita e molto più forte ed è partecipata adesso sta cambiando anche da noi, prima c'è più consapevolezza come dicevo prima però c'è ancora questo letaggio e noi stiamo fuori, stiamo nello spazio aperto, stiamo nello spazio pubblico in maniera inconsapevole, passiva, lo attraversiamo ma non lo viviamo e questo deve cambiare per cui lo spazio aperto va abitato, va vissuto e non va solo.
[00:12:15] Speaker A: Attraversato prendendo un po' ad esempio gli esempi positivi che ci hai citato potresti magari selezionarne uno o due particolarmente interessanti anche da un punto di vista della sostenibilità e spiegarci un po' perché Allora.
[00:12:30] Speaker C: Ce ne sono vari. Partirei da un progetto idicola di Associated Architecture. Associated Architecture è uno studio, è un duo di Brescia, che hanno realizzato un paio di anni fa quest'architettura Totem. È un'architettura molto piccola che è realizzata principalmente in un telaio di acciaio, posta al centro di una piazza, Piazza Tebaldo Brusaia. breccia, questa piazza insomma non era così sentita ecco dalla comunità cittadina, il posizionamento di un'architettura molto semplice che poi ha ospitato eventi dj set, eventi culturali, ha completamente ribaltato la concezione che i cittadini avevano della piazza per cui ha iniziato a raccogliere persone, si spostavano in modo da anche essere un oggetto mobile, si poteva aprire, aveva configurazioni diverse e poi è stata anche rimontata in altre zone della città quindi un segno molto semplice, molto piccolo, sostenibile anche perché poi i suoi, quando è stata smontata, sono stati regalati i suoi pezzi ad alcune scuole per cui ha avuto una seconda vita, ma questa appunto capacità di cambiare la concezione del luogo e raccogliere comunità intorno al progetto è sicuramente un aspetto sostenibile. Un altro progetto molto interessante dove, ripeto, si può parlare di consapevolezza è stato quello degli Analogique a Enna, per cui siamo nella Sicilia più interna. Gli Analogique è un giovane studio formato da tre giovani architetti, hanno realizzato con le cassette del mercato ortofrutticolo, quelle gialle e nere, un grande muro, se non mi ricordo esattamente la lunghezza, su cui poi è stato scritto monumentale. Questo muro di cassette è stato posizionato sul Belvedere di Enna, guardando il paesaggio, ha causato una serie di ovviamente polemiche perché la plastica in mezzo alla piazza con i cittadini non erano molto d'accordo, infatti lo studio ci ha raccontato tutte le accuse che hanno a cui si sono dovuti difendere, il progetto in realtà serviva a rendere consapevoli i cittadini della bellezza del paesaggio che circonda Enna. Enna non è Catania, non è Palermo, per cui non rientra in quel tour, del gran tour della Sicilia che magari tutti noi facciamo o abbiamo fatto e il monumentale è riferito proprio alla bellezza del contesto, per cui era un messaggio, un'architettura messaggio che serviva proprio a rendere consapevoli del patrimonio, delle potenzialità che quel luogo può avere e che non viene sfruttato.
[00:14:58] Speaker B: Nel progetto di ricerca, in plena era di cui ci stai parlando, a me interessa particolarmente il mondo dell'evento, avete citato anche comunque questa dimensione, che cosa ci puoi dire a riguardo dal punto di vista della sostenibilità?
[00:15:11] Speaker C: Allora, l'architettura dell'evento è stata sicuramente molto approfondita, anche perché noi principalmente abbiamo dovuto, anche per legarci al tema del bando, approfondire i luoghi della cultura, per cui i musei, le biblioteche, i teatri, le fondazioni, quindi se si parla di cultura si parla chiaramente anche di evento. L'architettura temporanea è sicuramente un'architettura che agisce nel breve periodo, quindi in qualche modo deve essere realizzata in tempi brevi, deve avere chiaramente una semplicità di montaggio e smontaggio e soprattutto nel contemporaneo può essere riempiegata altrove, quindi una seconda vita, un secondo destino dell'architettura diventa ormai imprescindibile, devo dire. abbiamo una tradizione molto radicata in questo, cito per esempio la Trennale di Milano che fin dagli anni della sua fondazione negli anni 30 ha molto spesso promosso eventi nei giardini del Palazzo dell'Arte anche poi nel Parco Sempione perché una volta il giardino della Trennale erano in continuità quel Parco Sempione poi è stata realizzata una cancellata che li ha separati e molti noti architetti dai maestri della scuola milanese hanno molto spesso realizzato piccole installazioni, piccole anche grandi, in occasione delle varie trenate, dei vari eventi, per cui c'è sicuramente una tradizione molto italiana in questo tema. L'evento chiaramente porta anche a ribaltare, a risignificare i luoghi, per cui noi possiamo realizzare un evento che porta una determinata architettura temporanea sul luogo, ma quel luogo magari ha una funzione completamente diversa da quella a cui noi poi attribuiamo le azioni dell'evento, per cui l'evento diventa anche interessante come azione di ribaltamento e di attribuire a un luogo in maniera temporanea anche tutt'altra realtà, dargli una vita completamente diversa e poi tornerà ad essere quello che è una volta finita la festa.
[00:17:05] Speaker B: Quindi anche la dimensione temporanea dell'architettura può e dovrebbe cercare di essere sostenibile sotto ogni punto di vista come abbiamo visto anche e come si può vedere nella vostra ricerca.
[00:17:20] Speaker C: Ma l'evento allora poi qua possiamo aprire anche ci sono due filoni allora uno può dire l'architettura effettivamente sostenibile è quella che resiste nel tempo è quella che è fatta con i materiali solidi ecologici e che può durare nel lungo tempo allo stesso tempo poi noi possiamo dire beh ma allora l'architettura temporanea che usa vari materiali venga montata e rismontata va di qua e va di là forse non è così sostenibile se vogliamo vederlo in questo modo io ritengo che se parliamo in termini di sostenibilità l'architettura temporanea per me è sostenibile in quanto è molto generosa ovvero è generosa rispetto al luogo perché quel luogo può essere per due mesi o diventare un palco e dopo quei due mesi può diventare qualcos'altro ancora per cui permette all'uovo di reinventarsi, gli regala molte vite e non dà una soluzione unica per cui questa possibilità di trasformazione di metamorfosi continua la trovo decisamente molto interessante rispetto a un oggetto che è lì e sta lì e non ha possibilità di mutare questo secondo me è l'aspetto più interessante del temporaneo.
[00:18:33] Speaker A: Ci hai citato molti esempi ma anche abbiamo parlato un po' delle criticità soprattutto italiane che abbiamo. Secondo te quali sono le principali sfide del prossimo futuro e come vedi l'evoluzione dell'architettura con la sostenibilità come opportunità per il nostro territorio?
[00:18:50] Speaker C: Questa è una domanda molto complicata, vediamo Carlo Ratti cosa farà alla prossima biennale di architettura di Venezia visto che il tema è esattamente questo, mi sembra che il titolo sia Intelligence, quindi approfondirà proprio questi temi sul futuro. I temi da affrontare io penso siano un po' quelli che per esempio Beatriz Galilea ha sollevato nel suo ultimo libro Radical Architecture of the Future, ovvero Oggi possiamo essere radicali non nel modo in cui erano radicali Hyperstudio, gli Archizoom o i grandi movimenti degli anni 60 e 70, ma possiamo essere radicali ed effettivamente sostenibili quando le costruiamo una sinergia tra progetto e territorio. Quindi fermare questa sorta di coppia in colla, di costruzioni di edifici che sono costruiti a Shanghai o a New York non cambia niente, perché tanto i materiali sono sempre quelli ma tornare a una sorta, non dico di vernacolismo, però ecco una consapevolezza di poter sfruttare le risorse del luogo per poter realizzare architetture che raccontino siano effettivamente espressione di quel territorio questo è sicuramente una sfida e è di fatti una sostenibilità anche attuabile non così lontana dall'essere utopia Direi grazie Giovanni.
[00:20:09] Speaker B: Per il tuo tempo, per questa chiacchierata.
[00:20:11] Speaker C: Grazie a voi.
[00:20:12] Speaker B: Inseriremo nella descrizione i link ai progetti di cui abbiamo parlato e poi non so se possiamo inserire anche qualche info su Amplenair.
[00:20:21] Speaker C: C'è il sito, vi mando il link.
[00:20:24] Speaker B: Ok, quindi metteremo il link anche del sito di Amplenair e la canzone dedicata per la puntata.
[00:20:29] Speaker A: Grazie mille per la chiacchierata, molto interessante.
[00:20:32] Speaker B: E alla prossima puntata di Surf in Plastic.